Bambini, Cura, Incontri

Ascoltare con gli occhi per sintonizzarsi sui bisogni

Per dare risposte a bambini e adolescenti con malattie gravi e inguaribili è importante concentrarsi sul “cosa” e sul “come”. Sviluppando una sensibilità professionale e strutture capaci di affrontare in maniera olistica le necessità presenti e future. In questo orizzonte si gioca la sfida delle cure palliative pediatriche.

Da un lato ci sono i numeri: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il bisogno specifico di cure palliative pediatriche in Europa riguarda 20 bambini d’età inferiore ai 15 anni ogni 100 mila; in Italia un’indagine del 2009 indica
che sono almeno 12 mila i bambini eleggibili (in media, 10 bambini ogni 10 mila), ma solo il 15% ha accesso a percorsi di cure palliative e di terapia del dolore. I numeri tuttavia non dicono tutto. Perché a far saltare i confini netti di questo conteggio entra una dimensione che difficilmente risponde a regole statistiche: la valutazione dei bisogni (parola da usare rigorosamente al plurale). Di fronte a bambini e adolescenti con una malattia inguaribile (e alle loro famiglie), i bisogni non si esauriscono nella diagnosi, così come la risposta non può esaurirsi in un approccio clinico, perché deve andare ben oltre. È qui che termina la regola dei numeri e inizia quella dell’orizzonte delle necessità, nel quale entrano e convivono bisogni psicologici, sociali, spirituali, finanziari, resi ancora più urgenti e complessi dal fatto che stiamo parlando di una fase della vita, l’infanzia e quindi l’adolescenza, fatta di continuo cambiamento, dove nulla può essere dato per scontato.

Rispondere ai bisogni non significa solo conteggiare un numero di posti letto, di professionisti sul campo, di controlli periodici e di terapie. Garantire a questi bambini e alle loro famiglie una vita di qualità è un’impresa complessa, perché richiede sia una capacità sottile nell’intercettare i bisogni del singolo sia la professionalità e la strutturazione di una risposta “di sistema” per soddisfarli. Le cure palliative pediatriche si trovano esattamente nel mezzo di questa sfida. Da dove si parte per affrontarla? «Uno studio internazionale indica che in media il medico interrompe il paziente dopo 17 secondi dall’inizio dell’incontro. Significa troncare di netto la dimensione più importante della relazione tra medico e paziente, costituita dall’ascolto», osserva Luca Manfredini, medico pediatra del Dipartimento di Ematologia ed Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Gaslini di Genova e Responsabile dell’hospice pediatrico “Il Guscio dei Bimbi” attivo presso lo stesso Istituto. «Perché ascoltare», continua, «non vuol dire solo stare a sentire quello che ci dicono il piccolo paziente e i suoi genitori, ma valutare con un occhio sensibile quei bisogni che via via emergono tra le pieghe delle parole, delle espressioni, degli atteggiamenti. Il nostro lavoro deve essere orientato a cercare la frequenza di trasmissione dell’altro.

Sintonizzarsi rispetto all’età, alle capacità cognitive, ai linguaggi attraverso i quali il paziente si esprime – non sempre verbali – vuol dire aprirsi all’incontro con l’altro. Sempre dalla letteratura scientifica apprendiamo che un palliativista attento nota almeno tre sintomi in più rispetto a quelli rilevati dal collega specialista di branca. Dobbiamo applicare la capacità di attenzione che siamo abituati a concentrare sui sintomi clinici e fisici anche a tutte quelle necessità che fisiche non sono: le problematiche psicologiche, la fatica sociale che vivono il bambino e la sua famiglia, i loro bisogni spirituali». Una sintonizzazione che risulta più complessa quando l’antenna di trasmissione è quella di un bambino o di un adolescente. È evidente come la cerchia dei bisogni inevitabilmente si allarghi in maniera esponenziale.

Per questo, l’analisi del bisogno è un passaggio fondamentale. «Di fronte a un bambino che ha 20-30 crisi epilettiche al giorno, la priorità per il medico è valutare l’impatto di queste crisi sul quadro clinico generale. Per la mamma di questo bambino, la priorità è invece data dal fatto che, con crisi così frequenti, il figlio non può andare a scuola». L’esempio citato da Sergio Amarri, per anni Direttore della Pediatria dell’Arcispedale Santa Maria Nuova dell’AUSL – IRCCS di Reggio Emilia, rende bene l’idea di come il tema della relazione tra bisogni e risposte nell’ambito delle malattie croniche inguaribili dell’età pediatrica debba essere esplorato attraverso un caleidoscopio. Perché guardarci dentro permette di riuscire a intercettare i bisogni e fare sintesi tra diversi e spesso contrastanti punti di vista, cercando di trovare nella complessità quel magico equilibrio che garantisce la miglior qualità di vita possibile a quel bambino e alla sua famiglia.

Se la capacità di ascolto del singolo professionista è il primo filtro, è necessario che i modelli di analisi dei bisogni diventino strumenti di sistema istituzionalizzati. «Molti dei bambini con bisogni di cure palliative, pur essendo affetti da patologie inguaribili, hanno una buona qualità
della vita per lungo tempo e continuano a crescere e confrontarsi con le diverse fasi di sviluppo fisico, psicologico, relazionale e sociale che la loro età comporta. Le cure palliative pediatriche non sono, infatti, le cure della terminalità proprio perché devono prevedere l’assistenza precoce all’inguaribilità: iniziano nel momento della diagnosi, non precludono la terapia curativa concomitante e continuano durante tutta la storia della malattia, prendendosi carico della risposta ai molteplici bisogni che la situazione comporta», spiega Amarri. È questo il compito delle cure palliative pediatriche che hanno – in Italia – una legittimazione importante nella legge 38 del 2010 e rispetto al quale si sta strutturando un modello basato sulle Reti di Cure Palliative Pediatriche, network territoriali di dimensione regionale come quello promosso dalla Regione Emilia-Romagna e nato da un percorso di collaborazione che ha visto tra i protagonisti anche la Fondazione Hospice Seràgnoli.

Si tratta del modello alla base dell’impegno in cure palliative pediatriche intrapreso dalla Fondazione, che avrà come punto di arrivo l’apertura dell’hospice pediatrico, ma che già a partire da questo autunno comincerà a fornire risposte concrete ai bisogni del territorio grazie all’attivazione del servizio di Day Care pediatrico, attività ambulatoriale che si svolgerà presso l’Ospedale Bellaria in attesa che in un’area adiacente si concludano i lavori di realizzazione dell’hospice. «Proprio per mettere al centro i bisogni del singolo paziente e della sua famiglia», spiega Amarri, Responsabile Medico del Day Care, «il nucleo fondamentale di questo progetto è costituito dall’Unità di Valutazione Multidimensionale Pediatrica (UVMP), composta da uno staff multidisciplinare che ha il compito di impegnarsi in una valutazione olistica del paziente, della sua famiglia e di tutte le sue necessità, coinvolgendo tutti i professionisti che a vario titolo entrano nel percorso di presa in carico. Il nostro obiettivo, e desiderio, è riuscire a fare “advocacy” nel senso più pieno del termine, ovvero dare un supporto il più possibile completo per consentire alla famiglia di un bambino o di un adolescente con una patologia complessa e inguaribile di non essere sola nella battaglia che quotidianamente si trova ad affrontare».

La Rete regionale e il ruolo dell’Hospice Pediatrico della Fondazione Hospice Seràgnoli
Con la delibera n. 857 del 31 maggio 2019 della giunta della Regione Emilia-Romagna, “Provvedimenti in or dine alla definizione del l’assetto della rete delle cure palliative pediatriche dell’Emilia-Romagna, in attuazione della legge nazionale numero 38/2010”, è stata sancita la costituzione della Rete delle Cu e Palliative Pediatriche regionale, della quale il futuro Hospice Pediatrico della Fondazione Hospice Seràgnoli sarà uno dei tre nodi. Il documento di delibera, costruito anche grazie alla partecipazione importante della Fondazione Hospice, descrive ruolo e funzioni di ciascun nodo e in particolare sottolinea che l’Hospice Pediatrico costituirà il centro di riferimento regionale nonché la sede delle valutazioni multidimensionali per tutti i bambini afferenti alla rete della provincia di Bologna.

In ASMEPA una didattica integrata per le cure palliative pediatriche
La strutturazione di risposte sempre più adeguate e accessibili ai bisogni di cure palliative pediatriche passa, oltre che dalla definizione delle Reti regionali e dalla nascita di strutture dedicate, anche dalla formazione di professionisti informati, attenti e competenti. Questo il compito dell’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa (ASMEPA), braccio formativo della Fondazione Hospice e realtà riconosciuta dalla Regione Emilia-Romagna come Ente di formazione per la progettazione di programmi a supporto dello sviluppo della Rete Regionale di Cure Palliative Pediatriche. Per l’Anno Accademico 2020/2021, ASMEPA attiva un Master Universitario di Secondo livello su “Complessità ed integrazione in rete in cure palliative pediatriche” e un Master Universitario di Primo livello in “Cure palliative pediatriche”. «Il punto di forza che contraddistingue i Master di I e II livello, organizzati in collaborazione con
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna», spiega Monica Beccaro, Responsabile dell’Accademia, «sta nella metodologia della didattica integrata, che unisce formazione in aula, didattica attiva e formazione sul campo. In questo modo garantiamo un’offerta formativa ad ampio spettro disciplinare, che innesca una circolarità evolutiva tra formazione, ricerca e pratica clinica, e forma i professionisti all’operatività quotidiana in équipe multidisciplinari. Grazie ai moduli trasversali tra il Master di I livello – rivolto a infermieri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi, dietisti, educatori professionali e assistenti sociali – e il Master di II livello – riservato ai medici – è garantita una modalità di didattica integrata, finalizzata all’approfondimento multiprofessionale».

Per informazioni sull’offerta formativa di ASMEPA: www.asmepa.org | www.MasterCPP.org | www.MasterCPP.org

Luca Manfredini

Medico pediatra del Dipartimento di Ematologia ed Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Gaslini di Genova e Responsabile dell’hospice pediatrico “Il Guscio dei Bimbi”.

Sergio Amarri

Già Direttore della Pediatria dell’Arcispedale Santa Maria Nuova dell’AUSL – IRCCS di Reggio Emilia, è Responsabile Medico del Day Care pediatrico di Fondazione Hospice Seràgnoli.

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