Bambini, Cura, Incontri

Così ho capito, in diretta, le cure palliative pediatriche

Tutto inizia come la normale diretta Instagram di un normale diciassettenne. Solo che, per Andrea, normalità significa convivere con una malattia rara – la sindrome di Ondine – che lo costringe a essere collegato a una macchina per poter respirare quando si addormenta. Ogni tanto qualcosa gira storto, il respiratore va in tilt o i polmoni fanno i capricci e così capita che un giocoso scambio di messaggi notturno tra coetanei si trasformi nel racconto in presa diretta di un’emergenza: il bip bip bip del respiratore meccanico che segnala un’anomalia, la madre che si sveglia e si precipita al letto di Andrea, la chiamata all’ospedale per capire che fare, la corsa in ambulanza… Il tutto documentato dallo schermo del cellulare di Andrea che, con voce fuoricampo, commenta ironicamente e sdrammatizza quella folle quotidianità mentre con interazioni, commenti, like e cuoricini i suoi follower scorrono sullo schermo scherzando e a tratti preoccupandosi, sino al lieto fine (si fa per dire) che coincide con l’arrivo del medico specialista che visita Andrea. Realtà? Fiction? «Il cortometraggio è fiction, ma purtroppo – e me ne sono accorto solo quando ho accettato questa sfida e ho cominciato a entrarci – quella che raccontiamo è realtà per tanti bambini, ragazzi e tante famiglie come quella di Andrea», racconta Paolo Borraccetti, autore e regista di Diretta, il film realizzato per promuovere la causa dell’Associazione “La miglior vita possibile” a sostegno dell’Hospice Pediatrico di Padova e che, grazie alla vetrina del Festival del Cinema di Venezia, ha “bucato” il silenzio di queste storie di vita fatte di “normale emergenza”.

Cosa ti ha convinto ad affrontare questo lavoro?
Io sono padovano d’origine, un giorno vengo contattato dal professor Giuseppe Zaccaria, ex rettore dell’ateneo cittadino e oggi Presidente dell’Associazione “La miglior vita possibile”. Mi dice che gli piacerebbe raccontare la realtà dell’Hospice Pediatrico in una maniera diversa dal solito, con un tono leggero… “fare qualcosa di divertente”. Considerato che la mia scrittura ha molto spesso una vena ironica (nel mio passato ci sono anche anni come autore a Zelig, insieme a Gino e Michele), hanno quindi pensato che fossi la persona giusta. La proposta in un primissimo momento mi ha colto di sorpresa, anche perché come tanti ho sempre associato la parola ‘hospice’ alle malattie terminali e al fine vita. Poi, però, essendo io curioso di natura, sono bastate poche parole per convincermi, mi sembrava un bene impegnarsi per questa causa… anche se, appena conclusa la telefonata, sono stato assalito dai dubbi: una cosa divertente? Parlando di bambini e ragazzi in hospice? E ora come faccio?! Poteva sembrare una follia…

La follia però non l’ha fatta desistere…
Quando ne parlavo a colleghi o amici, mi accorgevo subito di come la parola “hospice” fosse “radioattiva”: lo sguardo dell’interlocutore si abbassa, l’espressione si fa contrita, addirittura c’è chi fa gli scongiuri. Nel frattempo, stavo entrando
in punta di piedi in questa realtà: parlavo con i responsabili della struttura, ascoltavo le storie di pazienti e famiglie. A livello creativo, dopo mesi mi trovavo però su un binario morto.
Poi, un pomeriggio parlo con un ragazzo, nel film diventato il personaggio di Andrea, e sua mamma; ascolto la loro storia e scopro che il racconto ha un tono sorprendentemente leggero. Quasi scherzandoci, mi parlano di come una notte si sono trovati nel mezzo di un’emergenza respiratoria e sono stati portati in un pronto soccorso dove non sapevano nulla del ragazzo, né della malattia… lì si è accesa la lampadina. Eccola, la nostra storia!

Con Diretta, questa lampadina illumina in maniera perfetta questa realtà. La prima cosa che colpisce è il punto di vista. È il paziente Andrea che riprende con il suo cellulare quel che succede intorno a lui e lo commenta con distaccata ironia, come se appunto stesse girando un documentario su qualcun altro. Perché questa scelta di regia?
Perché, al netto dei problemi e dei limiti che una malattia come quella di Andrea e di tanti come lui impone, questi ragazzi sono appunto… solamente dei ragazzi. Che vivono nella normalità di milioni di loro coetanei, si svegliano di notte e avviano una diretta su Instagram o Tik Tok, che di fronte alle ansie dei genitori scherzano e sdrammatizzano. Non si prendono troppo sul serio, non sono “i malati” da tenere sotto una campana di vetro. Io, il cast, la troupe, ci siamo messi nei panni di uno di questi ragazzi e ci siamo calati nel loro punto di vista, mettendo da parte lo sguardo dell’adulto che da fuori, giudica e compatisce. Questo sforzo di immedesimazione è stato davvero sfidante, bello. Anche perché abbiamo girato all’interno dell’Hospice Pediatrico e intorno a noi c’erano tante storie dolorose: emotivamente, è stata un’esperienza molto forte.

L’ironia del figlio si contrappone all’ansia della mamma. Diretta porta in primo piano il ruolo e l’angoscia dei genitori di bambini con una malattia complessa.
Marina Massironi, che nel corto interpreta la mamma, ha fatto la differenza. Sa muoversi all’interno di una grande varietà di registri e serviva proprio questo per rendere bene, senza pietismi, ma anche senza superficialità, lo spirito di questi genitori.
Sono dinamiche delicatissime, c’era un po’ il dubbio di risultare sopra le righe. Invece ho scoperto che queste famiglie non tollerano di essere compatite. Un’amica, che ha una figlia immunodepressa a causa di una patologia, mi ha detto: “Non
vedevo l’ora che qualcuno raccontasse la nostra quotidianità in maniera così autentica, anche un po’ politicamente scorretta!”

Il corto ha ottenuto una vetrina durante l’ultima Mostra del Cinema di Venezia e ha dato visibilità a questo mondo. C’è ancora troppo silenzio?
Facendo ricerche per questo lavoro, ho scoperto come esistano gruppi e canali dove ragazzi o genitori che vivono una condizione di malattia dialogano, interagiscono, si scambiano informazioni. Con i social, il silenzio è meno silenzioso. Certo, ci vorrebbe qualcosa in più. Durante una delle presentazioni di Diretta, ho incautamente detto che, dopo il corto, bisognerebbe realizzare un lungometraggio partendo da questi temi e gli amici dell’Associazione mi hanno subito preso in parola! Ora mi tocca trovare una nuova idea.

Il corto Diretta è visibile qui: www.lamigliorvitapossibile.it

Intervista a

Paolo Borraccetti

Nato e cresciuto a Padova, laurea in scienze della comunicazione all’Università di Bologna e in produzione cinematografica alla University of Southern California, è stato autore del programma tv Zelig. Ha prodotto, scritto e diretto diversi spot, documentari e programmi TV per network e clienti europei. I suoi lavori sono stati presentati ai festival di tutto il mondo, tra cui Sundance, Tribeca, Telluride e Tokyo.

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