Cura, Formazione

Mettersi in gioco per Crescere

Un confronto aperto che arricchisce le competenze e fa crescere la consapevolezza di un approccio diverso al paziente. Così i tirocini professionali attivati presso il Campus Bentivoglio sono uno strumento attraverso il quale gli operatori possono imparare – attraverso l’affiancamento multidisciplinare – la cura globale del paziente. Un percorso capace di seminare una nuova cultura.

COME FUNZIONA UN TIROCINIO PROFESSIONALE

La mappa d’orientamento
Attraverso un audit con lo staff di Asmepa e con il coordinatore dei tirocini degli Hospice Seràgnoli, gli obiettivi del percorso vengono condivisi e stabiliti in maniera personalizzata con il tirocinante.

Il Diario di Bordo
È lo strumento che dettaglia nello specifico le attività e gli affiancamenti con le diverse figure professionali dell’équipe dell’hospice che scandiranno nei 5 giorni del percorso formativo l’attività del tirocinante, sotto la guida del tutor di riferimento.

L’affiancamento
Il tirocinante è in affiancamento alla figura professionale omologa alla sua per il 50% del tempo, per il resto lavora al fianco delle altre figure che compongono l’équipe multi-professionale. È previsto un tempo di confronto con la direttrice sanitaria e con i referenti delle singole direzioni operative.

Il tutor
Sono 30 gli operatori, attivi nei tre Hospice della Fondazione Seràgnoli, abilitati a svolgere l’attività di tutor, sia per seguire i percorsi dei tirocinanti post-diploma e post laurea, sia dei tirocinanti che frequentano i Master Asmepa e dei tirocinanti ECM.

La valutazione
Al termine dei 5 giorni di tirocinio, il tutor fornisce una valutazione sul raggiungimento degli obiettivi. È previsto un audit finale a chiusura del percorso, nel quale il tirocinante può esprimere il proprio parere su apprendimento, aree di miglioramento e approfondimento.

Condivisione », «scambio», «confronto». Sono queste le parole che ricorrono più spesso nel racconto dei tutor dell’Hospice Bentivoglio e dei tirocinanti che qui si immergono nei 5 giorni previsti dai percorsi di tirocinio professionale avviati due anni fa dall’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa (ASMEPA) in collaborazione con la Fondazione Hospice Seràgnoli. Parole che danno una chiave di lettura univoca e di valore a numerosi aspetti di questa «esperienza» (dicono proprio così, «esperienza», trasferendo un valore che va oltre la semplice formula burocratica del «corso di formazione»): un momento di crescita che supera il semplice aggiornamento professionale ed è l’occasione

per «disseminare» in altre realtà che operano nelle cure palliative quell’attenzione al paziente e alla sua famiglia, quella cura del particolare nella scelta delle parole, dei gesti, degli approcci. Un lavoro corale messo a disposizione della persona, prima ancora che del malato, che qui costituisce il grande «valore aggiunto» capace – al di là e al di sopra delle specifiche competenze professionali – di arricchire il bagaglio umano del tirocinante.

Quel che avviene è il naturale trasferimento «di un modello, quello degli Hospice della Fondazione Seràgnoli, che ha la capacità, anzi il dovere di fare scuola», chiosa Pier Paolo Carinci, che alla Asl di Lanciano-Vasto-Chieti, dirige due hospice. Durante l’anno 2015-2016, Carinci ha previsto per 30 persone del suo staff di cure palliative la partecipazione ai percorsi di tirocinio attivati a Bentivoglio: «È una formula professionalmente molto valida che permette di imparare un metodo utile anche nel settore della sanità pubblica; perché durante il periodo di tirocinio qui non si viene “a lezione”, ma si innesca un confronto professionale di altissimo livello, che rimette in discussione tante delle abitudini acquisite in anni di attività. È un’esperienza che riaccende il senso critico».

«Ciò che rende unici i nostri tirocini è che da subito instauriamo con i tirocinanti – che, non dimentichiamolo, sono professionisti formati e a volte con molti anni d’esperienza – quell’attenzione alla persona che sta alla base del nostro lavoro quotidiano con i pazienti. Li presentiamo a tutte le persone con cui avranno a che fare durante la loro attività, li introduciamo alle famiglie e ai pazienti… insomma, facciamo in modo che neanche per un attimo vivano quel senso di spaesamento che potrebbe limitare la loro esperienza qui», sottolinea Alice Moroso, infermiera dell’Hospice e coordinatrice dei tirocini:

«È lo stesso principio di accoglienza con cui prendiamo in carico i pazienti: i tirocinanti devono sentirsi in un luogo che – anche se per poco tempo – è per loro ma soprattutto è con loro. Senza dimenticare che, proprio in quanto professionisti, rappresentano un grande arricchimento per noi e per la qualità delle nostre attività. È un confronto nuovo, è un punto di vista in più da mettere al vaglio, è uno stimolo al senso critico e una sfida al peggior nemico per chi fa il nostro lavoro: la routine». Questa attenzione prende avvio sin dall’inizio con la costruzione di un vero e proprio “Diario di Bordo” che definisce le attività in funzione delle aspettative del singolo professionista, come spiega Piero Muciarelli, che in Asmepa coordina questa prima delicata fase.

Come si combinano questi aspetti? Come si può innescare, in così poco tempo, questo intenso canale di apprendimento e di scambio? «In questo ambito, una formula definita e applicabile non esisteva», spiega Monica Beccaro, responsabile dell’Accademia. L’offerta per questo tipo di tirocini prevede 5 giornate di presenza e attività sul campo per il professionista, affidato a un tutor di riferimento in hospice e inserito in una una rotazione di affiancamento a tutte le figure dell’équipe. «Il tirocinante trascorre circa il 50% del suo periodo di attività accanto ad una professionalità omologa alla sua – il medico con il medico, l’infermiere con l’infermiere…», continua Beccaro, «mentre l’altro 50% del tempo viene dedicato agli altri membri dell’équipe e ai responsabili di direzione». L’obiettivo è trasferire la specificità dell’approccio multidisciplinare dell’attività e il senso profondo di una presa in carico globale del paziente e della sua cerchia di affetti. «Una capacità di guardare alla persona e ai suoi bisogni, non solo al paziente e ai suoi sintomi, che costituisce la summa dell’apprendimento che i tirocinanti devono portare a casa», sintetizza Carinci. «Ciò che più stupisce i professionisti esterni che accogliamo per i tirocini è quella sensibilità per la personalizzazione che qui caratterizza ogni nostro singolo gesto», osserva Caterina Pallotti, medico tutor. «Per esempio, in occasione dei colloqui con i pazienti e le loro famiglie. Per noi il colloquio è un momento che ha un grande valore e la prima attenzione è rispettare i tempi di chi abbiamo di fronte. Colloquio significa dare informazioni al paziente sul suo stato di salute, ma anche mettersi in ascolto, comprendere con delicatezza e sensibilità che cosa davvero il paziente e i suoi cari vogliono sapere e che cosa sono in grado di accogliere». Un atteggiamento complessivo che viene subito avvertito dai tirocinanti. Per Cinzia Natarella, una carriera trentennale da infermiera e oggi coordinatrice infermieristica dell’Unità Cure Palliative dell’Hospice di Lanciano, che ha svolto il proprio tirocinio lo scorso marzo, «è sufficiente partecipare al primo briefing quotidiano che riunisce intorno a un tavolo tutti gli operatori dell’hospice per comprendere quanto ci sia da imparare da questo modello organizzativo. Quello che nelle altre strutture è un semplice “passaggio di consegne” qui diventa un momento di riflessione condiviso, sul paziente e per il paziente, dove tutti i professionisti che operano in hospice, dal medico all’operatore socio sanitario, vengono coinvolti nella discussione sulla situazione di ogni singolo paziente. È un metodo che permette di comprendere immediatamente come qui la parola “cura” assuma davvero un significato nuovo».

CARTA D’IDENTITÀ

Che cosa
I tirocini professionali attivati da ASMEPA sono accreditati ECM – Educazione Continua in Medicina – come attività di training individualizzato con presenza di tutor e portano al conseguimento di 30 crediti formativi.

Chi
Il tirocinio ha una durata di 5 giornate lavorative, anche non consecutive, e viene svolto all’interno dei tre Hospice della Fondazione Seràgnoli. I tirocinanti hanno la possibilità di risiedere gratuitamente presso le residenze del Campus Bentivoglio per tutta la durata del corso.

Come
Il metodo è quello dell’affiancamento a tutte le figure professionali dell’équipe (con una prevalenza di affiancamento – circa il 50% deltempo – con la figura professionale omologa a quella del tirocinante).

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